Una Giovanna d’Arco apocrifa rispetto
alla tradizione consolidata questa di Maria Luisa Spaziani,
francesista e poetessa scomparsa proprio dieci anni fa, ora
riportata sulla scena al Teatro di Villa Torlonia da Mersila
Sokoli con la regia di Luca De Fusco, che torna a questo lavoro
dopo 20 anni. Una Giovanna particolare, ma che si collega alle
tante rivisitazioni moderne, da quella di Shaw a quella di
Brecht, in cui la donna prevale sulla santa.
Qui il personaggio esiste attraverso uno sguardo lirico che
coinvolge l’esperienza personale e la realtà esterna, nella sua
dimensione storica, politica, quotidiana, in un’oscillazione tra
visione e realtà, tra dimensione e vita eroica e poi un destino
di solitudine e inattività che a Giovanna parrà inaccettabile,
così da scegliere di farla finita, di gettarsi nel fuoco da
sola, lontana da processi e folle, mentre brucia il bosco del
castello di Jaulny, dove vive abbandonata dal suo sposo Robert
des Armoises, partito per le crociate.
Allora Sokoli, Premio Siae 2018 come miglior attrice (per
l’interpretazione di ‘Tera’ di Agnese Ferro), trova un
equilibrio tra i due momenti della vita di questa Pulzella, che
si libera del destino da pastorella della sua nascita per
seguire la vocazione di una vita vera che coincide con quella
che le indica l’arcangelo Michele, col destino che le ha
riservato Dio e la predizione di Merlino, per cui sarà una
vergine a salvare la Francia e il suo re. Combatte così gli
inglesi, riconquistando Orleans per poi arrivare sino alle porte
di Parigi, prima di essere catturata, “venduta e comprata come
faceva mio padre a maggio con i caproni” e quindi processata e
interrogata in un momento di grande tensione, infine sposa per
sfuggire al destino del rogo.
Una recitazione molto intensa da parte dell’attrice, con una
formazione anche ginnica, che non si risparmia e scatta e si
piega su se stessa, si slancia in avanti, salta e combatte, per
farsi poi riflessiva o illuminata, ardente per la visione.
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