Il ministro dell’Economia tira dritto. Nonostante la revisione al ribasso del Pil da parte dell’Istat, per Giancarlo Giorgetti “i piani del governo non cambiano”. Avanti con il lavoro sui conti pubblici, insomma, seppur in una strettoia. Con l’Europa ad attendere l’impalcatura della manovra, da una parte, e le fibrillazioni in maggioranza dall’altra.
Dopo le parole del titolare del Mef, che lo scorso giovedì aveva chiesto “sacrifici” a tutti, prosegue il coro di voci critiche nella compagine di governo. Con sfumature diverse, i partiti si affrettano a parafrasare Giorgetti. Da FdI arriva la frenata di Arianna Meloni, che tiene a puntualizzare: la prossima “non sarà una manovra di sacrifici per famiglie, imprese e lavoratori”. “Giorgetti parla a proposito di chi ha patrimoni miliardari, non di chi ha 1000 euro sul conto corrente”, commenta il vicepremier della Lega Matteo Salvini.
“Il ministro è stato male interpretato, non vuole aumentare le tasse”, incalza l’omologo azzurro Antonio Tajani. Al centro delle agitazioni nel centrodestra c’è anche l’ipotesi di una rimodulazione dell’Ires che potrebbe farsi spazio nella legge di bilancio. Misure che chiedono eventualmente maggiori sforzi a banche, assicurazioni e imprese, però, trovano Forza Italia sulle barricate.
“Continueremo ad essere contrari a qualsiasi tassa, – dice Tajani – anche alla tassa sugli extra profitti. Decidere cosa è extra e cosa non è extra, forse, forse è da cultura sovietica”. Rincara la dose il portavoce azzurro Raffaelle Nevi: “rimane assoluto il nostro ‘no’ a interventi sull’Ires o a nuove tasse”. Dall’altro lato della coalizione, Salvini appare più conciliante: “faccio l’esempio delle banche, se uno ha guadagnato 40 miliardi, almeno una parte di questo enorme patrimonio può essere restituito agli italiani”. Manlio Messina, vicecapogruppo di Fdi allla Camera, richiama l’art. 53 citato da Giorgetti e dice: “ognuno darà il proprio contributo alla legge di bilancio in funzione di quello che realmente produce”.
Il titolare del Mef, intanto, nei giorni scorsi ha già bollato la dicitura ‘extraprofitti’ come “termine scorretto”, chiudendo anche a possibili contributi volontari. Ma il confronto sull’Ires resterebbe aperto. All’ipotesi di un’addizionale, che trova non poche resistenze nel settore bancario, si starebbe affiancando anche un’altra strada: quella di uniformare il pagamento dell’Ires, togliendo, ad esempio, le deroghe che alzano o riducono le aliquote. In una logica di semplificazione e di bilanciamento, in grado di rassicurare i mercati, il tentativo sarebbe quello di individuare un’aliquota fissa che porti, nella media, l’asticella verso l’alto.
L’eventuale modifica, in fase di valutazione, potrebbe essere spalmata su diversi settori, dagli energetici ai finanziari, passando per assicurazioni e società multiservizi. Mentre un punto di caduta nel dialogo aperto con gli istituti bancari, al momento, si potrebbe trovare nella modifica al trattamento fiscale delle imposte differite attive delle banche (Dta). Intanto, nella caccia ai circa 10 miliardi mancanti, secondo la stima dello stesso Tajani, è arrivata l’apertura di Confindustria sulla revisione delle cosiddette tax expenditures.
Il Mef sarebbe già al lavoro su alcune delle circa 625 tra agevolazioni ed esenzioni fiscali. Al capitolo sul maxi-aumento del costo delle sigarette proposto dagli oncologi, e a quello sull’equilibrio delle accise dei carburanti, entrambi ancora tutti da definire, i partiti di maggioranza aggiungono la cosiddetta ‘web tax’. A FdI, si somma Forza Italia nel rilanciare l’idea. Il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri, sostenuto dal leader Tajani, va alla carica: “a fronte del maxi utile delle big tech l’imposizione fiscale è ridicola, noi non vogliamo nuove tasse, ma vogliamo che chi prende tanti soldi e non paga nulla cominci a farlo”.
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