Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaLa qualità e la potabilità. E quel valore aggiunto, garantito dalle fonti sotterranee che hanno una funzione di protezione proprio sull’acqua. Fattori che mitigano l’impatto sulla salute, e fanno sì che l’Italia sia collocata, guadagnando la sesta posizione, tra i Paesi più virtuosi in Europa. Secondo i dati elaborati da Teha e resi noti durante la sesta edizione Community Valore Acqua per l’Italia che include 42 tra aziende e istituzioni della filiera estesa dell’acqua, il tempo degli italiani sottratto alla buona salute a causa di scarsa igiene e qualità dell’acqua è di 9,4 anni ogni 100mila abitanti contro una media continentale di 16 anni. Dato però più alto rispetto alla Finlandia dove la media scende a 5,5 anni. Un calcolo, come sottolineano i promotori, «risultato di un’analisi svolta dall’institute for health metrics and evaluation nell’ambito dello studio “Global Burden of Disease”».Acqua e salute«L’acqua ha un ruolo fondamentale sulla salute della popolazione – dice Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo di The European House Ambrosetti e Teha Group-: l’Italia ha una dotazione di acqua di alta qualità, quella potabile viene prelevata prevalentemente da fonte sotterranea a garanzia di una maggiore salubrità».Loading…Dalla Valle d’Aosta alla BasilicataQuanto ai numeri: In Valle d’Aosta e Umbria la totalità dell’acqua potabile proviene da fonti sotterranee, in Puglia la percentuale è del 44,9%, mentre in Sardegna scende al 21,6% e in Basilicata al 19,2%. «Meglio di noi, in Europa, fanno solo Malta, Lituania, Danimarca, Slovenia e Croazia – argomenta -. Tuttavia, ad oggi, lo stato delle infrastrutture per il trattamento delle acque reflue e l’estensione del servizio non sono ancora competitivi: ancora oggi 1,3 milioni di italiani vivono in 296 Comuni privi del servizio di depurazione, soprattutto in Sicilia dove il 13% dei cittadini non è servito con rischi in termini di disinfezione e di prevenzione delle contaminazioni».Lo stato dei fiumi e dei mariIn Europa il 46% di fiumi, laghi, stagni, bacini o canali artificiali, ma anche di mari e zone paludose, non è in un “buon stato chimico” dato che «sono presenti contaminanti provenienti da prodotti per l’agricoltura, scarichi industriali e impianti di trattamento delle acque reflue urbane, mentre in Italia solo il 16% delle acque superficiali risulta contaminata». Secondo i dati della Community Valore Acqua per l’Italia di Teha, la situazione dal punto di vista chimico «è critica per il 31% delle acque superficiali siciliane, nell’ordine seguono il bacino del fiume Serchio in Toscana con una percentuale del 28% e dell’Appennino meridionale e settentrionale (rispettivamente 23 e 19%). Migliore la situazione in Sardegna dove si registra una percentuale dell’11%, nel bacino Padano con il 9%, nell’Appennino centrale e nelle Alpi Orientali con il 3%.Qualche miglioramento c’è statoNegli ultimi trent’anni, comunque, la situazione è migliorata anche in Italia, seppure con un passo più lento rispetto alla media europea. «L’Italia può vantare una scarsa presenza di nitrati nelle acque sotterranee, 17,8mg/ litro mentre standard imposto dall’ Ue è di 50mg/litro, garantendo così alta qualità e anche una bassa presenza di fosfato nei fiumi: solo lo 0,05 mg/litro quando il limite è di 0,1 mg/litro – sottolinea Benedetta Brioschi di Teha -. L’Italia è tra i 10 Paesi più virtuosi in UE per riduzione dell’utilizzo di pesticidi a conferma di come l’intero tessuto economico del Paese lavori per migliorare il proprio impatto su ambiente e salute dei cittadini»