Nelle prossime settimane Adelphi pubblicherà, con la traduzione di Lia Iovenitti, “Non dico addio”, nuovo romanzo della scrittrice sudcoreana Han Kang, Premio Nobel per la Letteratura 2024. Nel catalogo della casa editrice che fu animata da Roberto Calasso figurano già i romanzi “La vegetariana” (2016), “Atti umani” (2017), “Convalescenza” (2019) e “L’ora di greco” (2023).
Apparso nel 2021 “Non dico addio” – che in Francia ha ricevuto il Prix Médicis étranger 2023 e il Prix Émile Guimet 2024 – è l’ottavo romanzo di Han Kang. È una sorta di arduo e doloroso viaggio ‘inverno, quello che compie la protagonista, Gyeong-ha, quando, senza esitare, accetta la pressante richiesta dell’amica Inseon, ricoverata in ospedale a Seul, di andare sull’isola di Jeju per dare da bere al suo pappagallino, che è rimasto da solo e rischia di morire. A Jeju, infatti, la accoglie una terribile tempesta di neve, e poi un sentiero nel buio dove si perde, cade e si ferisce. Ma niente riesce a fermarla. Gyeong-ha si rialza e prosegue, perché sa che deve assolutamente raggiungere la casa di Inseon e salvare il pappagallo. Quando arriverà, potrà soltanto seppellirlo, scavando a fatica nella neve e nella terra gelata. Poco dopo, però, lo vedrà di nuovo svolazzare nelle stanze buie e fredde – e insieme a lui comparirà anche l’amica, che aveva lasciato all’ospedale. Sotto la sua guida, Gyeong-ha compirà un altro viaggio: una discesa agli inferi, questa volta, nella storia della famiglia di Inseon e di uno dei massacri più infami che la Corea abbia mai conosciuto – quello perpetrato, tra la fine del 1948 e i primi mesi del 1949, ai danni di trentamila civili accusati di essere comunisti. E il lettore, a sua volta, non potrà che lasciarsi guidare dalla virtuosità narrativa di Han Kang, dalla sua scrittura al tempo stesso lirica e implacabilmente precisa, nell’itinerario onirico e memoriale di Gyeong-ha, dove la frontiera tra visibile e invisibile sembra svanire. Ma non può svanire la realtà atroce della violenza.