di Federica Acqua
Assente dal Teatro Pergolesi dal 1986
e dai palchi italiani da oltre 30 anni, La Vestale di Gaspare
Spontini è tornata ieri sera a Jesi per celebrare il 250/simo
della nascita del compositore nella vicina Maiolati, accolta da
un diluvio di applausi in un’edizione registica di Gianluca
Falaschi, che cura anche scene e costumi, ispirata alla vita
della Callas e agli anni ’50.
Una sfida vinta per una nuova produzione ad alto impatto visivo,
che ha portato sul palco in un teatro gremito tra coro, cast,
orchestrali e ballerini, un centinaio di artisti, necessari ad
un opera monumentale data nel 1807 a Parigi per celebrare la
grandezza di Napoleone in una cornice classica, e che ha
premiato con applausi e ovazioni tutti i protagonisti al debutto
nel titolo.
Dal maestro Alessandro Benigni, alla guida dell’Orchestra La
Corelli e del Coro Municipale di Piacenza, al regista, al
coreografo di origine jesina Luca Silvestrini per i balletti. Ma
a galvanizzare gli spettatori è stata soprattutto Carmela
Remigio, nell’arduo compito d’impersonare la vestale Julia e la
divina Callas (protagonista dell’opera alla Scala nel 1954), di
cui ha fornito una magistrale interpretazione, affiancata da
Bruno Taddia (Licinius), Joseph Dahdah (Cinna), Daniela Pini
(Gran vestale), Adriano Gramigni (Gran pontefice) e Massimo
Pagano (capo degli aruspici e console), tutti applauditi e in
parte.
Ad illustrare l’allestimento ad apertura di sipario arrivano le
parole della scomparsa diva: ‘Ci sono due persone dentro di me.
Vorrei essere Maria, ma c’è la Callas di cui devo essere
all’altezza’, e su questo dissidio che riproduce quello tra il
rispetto dei voti di castità che ci si aspetta dalla vestale
Julia e la passione per Licinius che la spinge ad infrangerli,
si dipana come in un racconto a ritroso tutta la vicenda. In un
contesto di feste e pranzi della ricca borghesia con uomini in
smoking e donne in fastosi abiti da sera anni ’50 che da soli
bastano a riempire il palco, la vita della Callas donna
s’incrocia con quella della diva votata al fuoco sacro
dell’arte, delineata in scena dal cambio d’abito sia della
protagonista (che dal nero passa alle vesti bianche di vestale)
sia dei commensali-spettatori pronti a giudicarla nella vita
come a teatro.
Alla fine Julia cederà alla passione anche sessuale per Licinio,
espressa talvolta in maniera esplicita, come la Callas a quella
per Onassis, rinunciando alla sua vocazione con la
consapevolezza insita nella tradizione classica di cui era
figlia (era nata in Grecia) di non poter sfuggire al proprio
destino in un amaro lieto fine che la consegna all’amato.
Illustrata da video e da otto danzatori (quattro uomini e
quattro donne) che agiscono anche come figuranti in scena, ed
eseguono in chiave contemporanea come momenti a sé stanti i due
balletti previsti in partitura (presentata nell’edizione del
critica in francese di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna
col Centro Studi Spontini di Maiolati), l’opera ha avuto il suo
clou nell’emozionante esecuzione di Remigio dell’aria ‘Toi que
j’implore avec effroi (tu che invoco con orrore), salutata da
ovazioni. Sarà replicata a Jesi il 20 ottobre (ore 16) e poi nei
teatri del circuito che l’hanno cooprodotta: Fondazioni Teatro
di Piacenza, Teatro Verdi di Pisa e Ravenna Manifestazioni,
assieme alla Pergolesi Spontini.
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