«C’è una continua strategia di aggressione alla filiera agroalimentare italiana che, per una strana eterogenesi dei fini, fonde gli interessi di Paesi stranieri con non meglio chiariti interessi locali proposti come iniziative a salvaguardia della salute pubblica. Il persistente riferimento alla cancerogenicità del vino, cui si assiste nel dibattito pubblico di queste settimane, ne è un plastico esempio. Una notizia che non solo è inesatta scientificamente ma che confonde il pubblico arrecando enormi danni economici a un comparto trainante del Pil italiano».
A dirlo è Antonio Graziano, presidente del Polo tecnologico piemontese e responsabile del comparto Salute del Forum italiano dell’export.
«Mettere sullo stesso piano, da parte di alcuni esperti, l’etanolo col prodotto vino, semina il panico nelle tv e nelle colonne dei quotidiani e non fa informazione – aggiunge Graziano – ma contribuisce solo a rendere più debole l’appeal commerciale del nostro Paese, uno degli asset del bilancio dello Stato più importanti, come dimostra il saldo positivo per ben 17 miliardi nella bilancia dei pagamenti».
«Un potere economico e commerciale che, evidentemente, dà fastidio in un mercato altamente concorrenziale come quello europeo dove Francia e Germania si spalleggiano l’un l’altra per mantenerne la leadership e dove le stesse istituzioni comunitarie non appaiono consapevoli della potenziale pericolosità di alcune misure, come il Nutriscore».
«Un’etichettatura che rischia di distorcere la percezione che le persone hanno degli alimenti, in particolare di quelli tradizionali e integralmente parte delle diete mediterranee. Immaginare prodotti come le patatine fritte contrassegnate come un’opzione salutare, mentre il Parmigiano Reggiano viene etichettato come un alimento da evitare, significa minacciare l’integrità delle diete tradizionali non solo in Italia, ma in tutta l’Europa, e assestare un colpo durissimo alla nostra economia».
«Il Nutriscore, nato in Francia, si è diffuso in altri Paesi, compresi i punti vendita belgi e, in una versione “più morbida”, nel Regno Unito già nel 2012. Se l’approccio dell’etichettatura a semaforo venisse esteso e applicato in tutta Europa, i prodotti italiani tradizionali rischierebbero di perdere terreno di fronte a prodotti industriali che potrebbero vantare un valore nutrizionale apparentemente migliore. Secondo una ricerca di Coldiretti, applicando la tassonomia europea, verrebbe dichiarato “fuorilegge” l’85 per cento del Made in Italy».
«È indubbio che il dovere di tutti coloro che sono impegnati nel tutelare la salute pubblica di promuovere stili di vita sani che vogliono dire limitare l’uso di bevande alcoliche, fare movimento in maniera regolare e adottare un’alimentazione sana con un apporto sostanziale di vegetali e frutta. Tuttavia è altrettanto evidente che il governo deve assolutamente scongiurare un cortocircuito che avrebbe implicazioni enormi da un punto di vista economico, commerciale e salutario», conclude Graziano.